Avete già sentito parlare della jicama? È un ortaggio a radice originario dell’America Centrale, e in particolare del Messico. Il suo nome deriva dall’azteco, e significa “che ha sapore”. Assomiglia a una rapa o a una patata rotonda ma leggermente appiattita, come una trottola. La sua polpa è succosa, croccante e dolce, con un leggero retrogusto di castagna.
Si mangia cruda o cotta. Dopo averla sbucciata, la si può cuocere come gli altri tuberi. In questo modo acquisterà una consistenza simile alla patata, con una nota dolce e molte meno calorie. Mangiandola cruda, in insalata, se ne apprezza il sapore succoso e rinfrescante. Tradizionalmente i messicani tagliano la jicama a fettine sottili, aggiungendovi del succo di limone, un po’ di peperoncino, coriandolo e un pizzico di sale.
È importante sapere che la buccia deve essere tolta, poiché non è digeribile. In realtà, a accezione del tubero, tutte le altre parti della jicama (gambo, foglie, semi, ecc.) sono tossiche. In Messico infatti l’infuso ottenuto da questi semi è utilizzato come insetticida.
Quando si comprano delle jicama bisogna scegliere dei tuberi rotondi e sodi, che si conservano fino a un mese a temperatura ambiente al riparo dalla luce. Una volta tagliata bisogna conservarla in frigo avvolta in pellicola trasparente, in modo che mantenga l’umidità, o ricoperta d’acqua e qualche goccia di limone dentro a un contenitore chiuso ermeticamente. In questo caso andrà consumata entro il giorno seguente, poiché l’amido si converte rapidamente in zucchero.
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